
Cari soci e amici olivicoltori, i nostri terreni stanno soffrendo la siccità. Il proverbio “marzo ventoso aprile polveroso” al momento si sta dimostrando vero. Per l’ulivo non è ancora un problema, le piante adulte si stanno svegliando lentamente dopo l’inverno e possono sonnecchiare un po’ di più, e poi lo sappiamo l’ulivo è naturalmente dotato per sopportare tutto questo, almeno fino quasi alla fioritura. Preoccupa invece per la fertilità del terreno. Con la siccità i microorganismi che popolano la terra e che sono il motore della vita, rallentano l’attività fino a quasi smettere di funzionare e moltiplicarsi. A cascata ne risente tutto l’ecosistema, ulivi compresi. Speriamo che le piogge non tardino ad arrivare, allora tutto si risolverà solo in un breve ritardo vegetativo. Ovviamente chi ha la possibilità potrà a metà aprile se ancora non è piovuto iniziare ad irrigare, preferibilmente non nelle ore di sole: acqua fredda e terra calda sono una combinazione deleteria per i microorganismi. In assenza di precipitazioni i nuovi impianti invece vanno assolutamente bagnati fino ai tre anni dall’impianto con una dozzina di litri a settimana per pianta.
Aprile è un mese di piena attività nell’uliveto, e il bel tempo in questo caso aiuta. Tutte le operazioni colturali più importanti sono fattibili: concimazioni, primo sfalcio o trinciatura dell’erba, potatura, difesa fitosanitaria. Per le concimazioni riferitevi a quanto già indicato in febbraio. Nello sfalcio, se non avete erbivori da nutrire, è importante lasciare l’erba sul posto, tutta sostanza organica che migliorerà la fertilità e proteggerà il terreno. Intorno alle nuove piantine fino ai tre anni è bene zappare per evitare la competizione dell’erba per acqua, luce e nutrimento. Coprire poi con una pacciamatura organica intorno alla piantina sarebbe l’ideale, mantiene il terreno fresco e umido e ci evita di zappare di nuovo in seguito.
Per la potatura vediamo quali sono gli errori più frequenti, in ordine casuale.
Primo errore togliere tutti i succhioni e rami dorsali dalle branche primarie. La conseguenza è che la parte corrispondente della corteccia non più alimentata andrà incontro a deperimento.
Secondo errore, potature di produzione troppo intense. La conseguenza è che creiamo uno squilibrio tra radici e foglie, l’albero cercherà di rimediare con una spinta vegetativa: risultato tanti succhioni e poche olive. Fa eccezione la potatura di riforma, che effettueremo però una sola nella vita della pianta e solo su piante male impostate o mai potate.
Terzo errore: via la testa, senza lasciare un rametto apicale, che faccia da cima come naturale prolungamento di ogni branca. Viene così a mancare l’ormone apicale che dà un ordine gerarchico per l’armonioso sviluppo della branca e la cima diventerà come una testa di salice.
Quarto errore: potare dove ci arrivo, quindi le parti basse. Il risultato sono coni rovesciati, larghi in alto e con rami in basso sempre più ombreggiati, deperiti e poi assenti. La regola per non cadere in questo errore è cominciare la potatura sempre dalle cime. Tagliare di più in alto significa distribuire la produzione su tutta la branca, quasi fino a terra.
Quinto errore: lasciare più di quattro branche principali. Rimandare la selezione delle branche principali comporta un ombreggiamento reciproco con una competizione verso l’alto a discapito delle ramificazioni secondarie più basse. Il risultato ricorda il collo dell’avvoltoio, tronchi nudi per metri prima di trovare il ciuffo produttivo solo in alto.
Non c’è niente da inventare sulla potatura dell’olivo, per quanto ognuno di noi voglia sperimentare di persona, ricordiamoci che tutti gli esperimenti sono già stati fatti in passato. Se avremo l’umiltà di accettare gli insegnamenti e riconoscere i nostri errori di potatura avremo di sicuro la soddisfazione di raccolti più comodi, abbondanti, sani e continui.
Alla fine della potatura di un uliveto è buona pratica un trattamento con rame e alghe marine.
Buon lavoro dal vostro
Gigi Castellano
